ENTE ORGANIZZATORE: Comune di Ravenna, MAR Museo d’Arte della città di Ravenna
Con la piccola tavola, rinvenuta sul mercato antiquario e ora entrata nelle collezioni del Museo, si conclude felicemente la ricomposizione della cosiddetta Pala di san Bartolomeo realizzata da Nicolò Rondinelli per la cappella Buonamici in San Domenico.
La pala rappresentava la Madonna con il Bambino in trono fra i santi Nicola di Bari, Pietro, Bartolomeo, Agostino e tre angeli musicanti, ed era sostenuta da una predella con le scene salienti della vita di Bartolomeo: la predicazione, il miracolo, la persecuzione, il martirio. Così la vide Giulio II nel 1511 e tale rimase almeno fino al 1796, quando, cioè, l’amministrazione napoleonica dispose la soppressione degli ordini religiosi e l’incameramento dei beni mobili e immobili. Fu in quella circostanza che tavola e predella presero strade diverse. La tavola fu selezionata per il contingente di opere da inviare a Brera – il museo che doveva esportare in Repubblica Cisalpina il genio universale del Louvre – e il 29 luglio del 1811 partì per Milano, dove tuttora si trova. Della predella, invece, si persero le tracce. Due scomparti, La distruzione degli idoli e il Miracolo della lampada di san Bartolomeo, confluirono nelle raccolte del Musée du Petit Palais ad Avignone. Altri due, il Miracolo della lampada e la Flagellazione di san Bartolomeo, fecero la loro comparsa a Philadelphia, presso il Museum of Fine Arts. Dell’ultimo scomparto, il Martirio di san Bartolomeo, si sapeva solo che fra le due guerre era a Monaco di Baviera da un antiquario. Ed è a Monaco che ricompare il 9 luglio del 2018 quando una casa d’aste, la Hampel Fine Art Auctions Münich, presenta il lotto 655 con assegnazione a “Pittore italiano del XVI secolo”. L’acquisto, incoraggiato dalle consonanze stilistiche con l’opera di Nicolò Rondinelli, trova conforto negli studi che ora permettono di accertarne l’autografia mettendo un punto alla questione attributiva.
L’accostamento al doppio scomparto di Philadelphia, perfettamente solidale, restituisce piena continuità al pavimento che trapassa da un riquadro all’altro assestando il fuoco visivo, altrimenti decentrato, sulla scena mediana della flagellazione. Con la Pala di san Bartolomeo il pittore ravennate perfeziona la lezione di Giovanni Bellini, presso cui aveva svolto l’alunnato, con gli aggiornamenti sulla cultura forlivese e, in misura minore, sui modelli ferraresi di Lorenzo Costa. I ritmi equilibrati dell’organizzazione gerarchico-piramidale si armonizzano con un’ampiezza spaziale che richiama l’Annunciazione del Carmine di Palmezzano. E proprio nella puntualità prospettica si può cogliere il richiamo al rigore matematico maturato, nel crogiuolo forlivese, dall’incontro di Melozzo con Luca Pacioli. La mitezza composta dei volti, che contraddice la crudeltà del martirio, riflette invece quella soavità, tutta belliniana, che in Rondinelli diventa attitudine sentimentale.
Nicolò Rondinelli
documentato a Venezia, Forlì, Ravenna
tra il 1495 e il 1502
Martirio di san Bartolomeo
olio su tavola
cm 32 x 28
Ravenna, MAR-Museo d’Arte della città di Ravenna