Il Museo d’Arte della Città di Ravenna, in collaborazione con la Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi di Firenze e la Fondazione Mazzotta di Milano, promuove, grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, un’importante rassegna dal titolo Da Renoir a de Staël – Roberto Longhi e il moderno, un secolo di storia dell’arte a partire dagli Impressionisti francesi fino al secondo dopoguerra inoltrato, allestita negli spazi della rinascimentale Loggetta Lombardesca dal 23 febbraio al 30 giugno 2003.
Per la prima volta è possibile vedere una mostra di rilevanza europea che propone le opere, gli artisti e le vicende dell’arte contemporanea considerate da Roberto Longhi (1890-1970), “il maestro degli studi italiani dell’arte”, senza dubbio una delle voci più geniali ed eccentriche della storiografia artistica contemporanea.
Sono circa 200 le opere scelte tenendo sempre presenti le indicazioni di Longhi, ottenute grazie alla preziosa collaborazione di alcuni dei più importanti musei europei come il Centre Pompidou e il Musée d’Orsay di Parigi, la Pinacoteca di Brera, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il MART di Trento-Rovereto, la Galleria d’Arte Moderna di Torino, e grazie ancora alla sensibilità di prestigiose raccolte come la Guggenheim Collection di Venezia, la Galerie Krugier di Ginevra e la stessa Fondazione Longhi, con le opere già appartenute allo studioso.
L’iniziativa del Museo d’Arte della Città di Ravenna intende propone, attraverso l’impegno di oltre tre anni di ricerca affidata a un prestigioso comitato scientifico, l’avventura intellettuale di Longhi, rispecchiata da fondamentali capolavori della storia dell’arte contemporanea.
L’arco di tempo preso in esame è quello che intercorre tra gli anni ’60 dell’Ottocento e gli anni ’60 del Novecento, ma scandito secondo una prospettiva che non necessariamente tiene conto della cronologia
di tendenze e movimenti, quanto piuttosto del percorso critico di Longhi e, naturalmente, del riferimento fondamentale ai suoi scritti. Ne emerge un percorso di straordinario interesse per la qualità di dipinti e sculture, e per gli intrecci, inediti, che derivano dalla lettura dello studioso.
Uno splendido Boccioni del 1914 dal titolo Le due amiche (1914), che comprende nello sfondo anche la scultura Sviluppo di una bottiglia nello spazio, apre il percorso espositivo chiarendo i rapporti tra Longhi e il Futurismo, documentati in uno dei suoi primissimi scritti. Si prosegue con dipinti straordinari di de Chirico, come Ettore e Andromaca (1916), Le doux après-midi(1916), rari quanto preziosi per la difficile reperibilità delle opere metafisiche degli anni compresi tra il 1916 e il 1919, e messi a confronto con un capolavoro di Carrà come La musa metafisica(1917).
Seguendo il filo conduttore degli interessi di Longhi, la riflessione prosegue con i padri della modernità, aprendo la pagina dell’Impressionismo francese, indagato sin dai prodromi attraverso le tele di Courbet, Boudin, Bazille. La sezione dedicata all’Impressionismo francese consente di vedere a Ravenna alcuni Renoir, Sisley e Cézanne.
Gli accadimenti che seguirono gli anni dell’Impressionismo, e che avrebbero dato vita alla pagina complessa e dai diversi esiti del Postimpressionismo, sono documentati da opere di Seurat, mentre l’esperienza delle derivazioni fauves è introdotta da Derain, Dufy, Vallotton e Vlaminck, nonché da un superbo nudo di Matisse proveniente dal Centre Pompidou di Parigi.
A Carrà, de Pisis e Morandi, alla scultura di Martini, all’eccentrico Maccari, per i quali Longhi mostrò un interesse particolare, sono dedicate intere “stanze” monografiche che scandiscono, pur con intersezioni di date e di percorsi, il periodo compreso fra le due guerre, fino a spingersi, con la sala di Leoncillo e Guttuso, anch’essi rappresentati da opere fondamentali come la Spiaggiaguttusiana, oltre la metà del secolo.
La complessità delle letture di Longhi è documentata anche da presenze singolari, come il “caravaggesco” Sciltian, o, per altri aspetti, da riferimenti internazionali come Berman, Klee e Kandinsky, quest’ultimo, in particolare, messo a confronto con Magnelli, come avrebbe voluto Longhi.
Tanto controverso quanto significativo fu il rapporto con Picasso, presente in mostra con lo straordinario Portrait de femme (1938) del Centre Pompidou e con una natura morta del 1909 che rappresenta il nodo provocatorio attorno a cui si è addensata la lettura dell’artista catalano. Una presenza singolare è poi quella di Ben Shahn, elogiato da Longhi alla Biennale veneziana del ’54.
Protagonisti dell’immediato dopoguerra sono talenti emergenti del tempo come Moreni e Morlotti, per giungere poi a de Staël, cui va l’importante riconoscimento che consacra l’attenzione di Longhi alle istanze ultime degli anni ’50.
Un capitolo caro a Longhi fu l’esperienza di alcuni paesisti piemontesi, come Fontanesi, Delleani, Avondo e Reycend, quest’ultimo “scoperto” dallo stesso Longhi e di cui egli possedeva un cospicuo numero di opere, successivamente donate alla Galleria d’Arte Moderna di Torino. A essi Longhi riconobbe il merito di avere introdotto in Italia uno sguardo verso il paesaggio, vicino, per molti versi, alle esperienze degli Impressionisti francesi.
Gli anni di passaggio tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento insistono sull’attenzione verso il paesaggio del Tosi di fine secolo, per passare poi ad alcuni singolari artisti che sfuggono a precisi schieramenti, come Bonzagni, Cavaglieri e il primissimo Guidi.
La riflessione sull’antico è il tema dominante di tutto il periodo compreso tra gli anni ’20 e ’30, caratterizzato dalle presenze di Donghi, Socrate, Melli, Trombadori, Broglio, prima delle accensioni cromatiche della “Scuola di Via Cavour” con Mafai, Scipione e Antonietta Raphaël.
Comitato Scientifico: Mina Gregori, Michel Laclotte, Ezio Raimondi, Bruno Toscano, Andrea Emiliani, Antonio del Guercio, Massimo Carrà, Maria Cristina Bandera, Claudia Gian Ferrari, Michela Scolaro, Claudio Spadoni.
Comitato organizzativo: Museo d’Arte della Città, Fondazione Longhi, Fondazione Mazzotta, Accademia Clementina.
Curatore: Claudio Spadoni
Segreteria della mostra: Claudia Casali
Patrocinio: sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica Italiana, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ambasciata di Francia in Italia, Regione Emilia-Romagna, Provincia di Ravenna.
Sponsor Ufficiale: Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna
Catalogo: Mazzotta Editore, 450 pagg., contributi critici di M.C. Bandera, M. Carrà, A. Del Guercio, A. Emiliani, G.Ercoli, S. Evangelisti, F. Galluzzi, C. Gian Ferrari, M. Gregori, M. Laclotte, E. Raimondi, M. Scolaro, C. Spadoni, G. Testori, B. Toscano, M. Vallora, M. Volpi, A. Zanoli.